Assegno di divorzio coniuge debole e crisi del mercato del lavoro

Presupposto per l’assegno di divorzio è la mancata disponibilità da parte del soggetto istante di adeguati redditi propri, intesi come redditi idonei non già a consentire un livello di vita dignitoso ma ad assicurare il tenore di vita goduto durante il matrimonio.Cass. civ. Sez. I, 30/03/2012, n. 5177.Ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno di divorzio, il difetto di redditi adeguati del coniuge beneficiario va inteso come difetto di redditi o sostanze od altre utilità sufficienti ad assicurargli il tenore di vita che gli sarebbe spettato durante la convivenza. La determinazione in concreto di detto assegno, invece, dev’essere commisurata agli elementi indicati dalla norma: condizioni dei coniugi, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio.

E’ necessario infatti che l’accertamento della capacità lavorativa del soggetto richiedente l’assegno di divorzio sia compiuto non nella sfera della ipoteticità o dell’astrattezza, bensì in quella dell’effettività e della concretezza. Dai dati emergenti e da quanto sostenuto da controparte la  resistente è pacificamente certamente priva di mezzi economici adeguati  .Riconosciuta ormai pacificamente – dalla giurisprudenza consolidata- la natura assistenziale dell’assegno di divorzio, come regolato dall’art. 5 della Legge 898/1970 e modificato dall’art. 10 della Legge 74/1987, inteso quale strumento destinato a soccorrere l’ex coniuge, venutosi a trovare in situazione di difficoltà economica in conseguenza del divorzio , è stato anche sottolineato dalla costante giurisprudenza della Suprema Corte che l’indagine del giudice di merito circa la capacità lavorativa del coniuge istante va condotta secondo criteri di particolare rigore e pregnanza, – non potendo una attività concretamente espletata soltanto saltuariamente giustificare l’affermazione della «esistenza di una fonte adeguata di reddito», specie a fronte della rilevazione del carattere meramente episodico e occasionale di tale attività, e non potendosi, in tal caso, legittimamente inferire, “sic et simpliciter””, la presunzione della effettiva capacità del coniuge a procurarsi un reddito adeguato. Tale conclusione, condivisibile, in ipotesi, in un regime economico di piena occupazione, si appalesa del tutto astratta ed inappagante sul piano della congruenza logica in relazione all’attuale contesto sociale, alla luce del quale si rende, invece, necessaria una indagine compiuta con riferimento alle concrete possibilità lavorative del soggetto (Cass. 2 luglio 1998 n. 6468).