Coltivazione di marijuana e ultime pronunce di legittimità. Il caso di poche piantine ritrovate in casa

La sentenza impugnata, nel ribadire il giudizio di responsabilità espresso dal primo giudice, evoca la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa suprema Corte (S. U. 24/04/2008 Rv. 239920) di cui pone in luce i tratti essenziali, mostrando di condividerli pienamente. In fatto, poi, si aggiunge che la coltivazione oggetto dell’imputazione era costituita da  tre  piante di canapa indiana alte 1 metro, contenenti principio attivo idoneo alla produzione di 20 dosi di stupefacente dunque inferiore al tasso soglia punito dalla legge .

Se ne interferisce che si è in presenza di sostanza dotata non di spiccato potere stupefacente  ( ottenuto attraverso l’essiccazione chimica effettuata dal consulente ) comunque  di un fatto sicuramente  privo di offensività  rispetto ai principi cui pure si ispira la sentenza delle Sezioni Unite richiamata .

Il principio della offensività è stato compiutamente analizzato, anche sotto il profilo dell’art. 49 c.p., da questa Suprema  Corte (Sez. 4^, n. 25674 del 17.2.2011, Rv. 250721), in occasione, però, del vaglio di una vicenda similare : si trattava di una sola piantina coltivata 4in un vaso sul terrazzo di casa: Anche la vicenda in oggetto ha simili modalità di conservazione e coltivazione in quanto le piante sono tre e quindi senza  palesi prospettive di propagazione e sviluppo per la quale è, pertanto, del tutto opportuna la qualificazione di “coltivazione domestica” e la valutazione in concreto dell’offensività .

Deve riconoscersi, conclusivamente, come il giudice di merito abbia senza una  congrua  motivazione, esente da vizi logici e giuridici, ritenuto apoditticamente  ritenuto l’offensività della condotta descritta in imputazione,senza  far riferimento a parametri specifici ad esempio validità del principio attivo ( 0.9 % thc ) che anche in relazione a tre piante ritrovate rende del tutto inoffensiva la condotta essendo le piante messe a coltivazione del tutto insufficienti a riprodurre  “ principio attivo drogante “ che è necessario al fine di vagliare se la condotta sia effettivamente e concretamente lesiva del bene giuridico protetto dalla norma non solo quindi “ nullun crimen sine lege , ma anche nullun crimen sine inuria “

Giova evdienzare che la Suprema Corte ha ritenuto superando e completando i principi di diritto in materia che La coltivazione domestica di una piantina di canapa indiana contenente principio attivo pari a mg. 16, posta in un piccolo vaso sul terrazzo di casa, costituisce condotta inoffensiva “ex” art. 49 cod. pen., che non integra il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.

Cass. pen. Sez. IV, 17/02/2011, n. 25674