Intercettazioni telefoniche. Decreto autorizzativo nullo. Utilizzabilità

Le S.U. con la nota sentenza Racco hanno affermato che qualora non siano osservate le disposizioni previste dagli artt 267 e 268 cpp, l’l’inutilizzabilità dei risultati dell’intercettazione telefonica rappresenta una concreta attuazione dei precetti costituzionali posti a presidio della libertà e della segretezza delle comunicazioni, la cui inosservanza determina la totale espunsione del materiale processuale derivante dalle intercettazioni illegittime ,che si concreta nella loro giuridica inutilizzabilità e nella loro fisica eliminazione . Ancora le Sezioni Unite, con la nota sentenza Tammaro, hanno affermato la piena rilevanza della “ categoria sanzionatoria dell’unitilizzabilità cosidetta “patologica” inerente agli probatori assunti “contra legem” la cui utilizzazione è vietata in dibattimento ed in tutte le fasi del procedimento.

Orbene è oramai principio pienamente condiviso quello per cui il vizio di cui si ritiene affetto l’originario decreto intercettativo non si comunica a quelli successivi e certamente  non a quelli autonomamente emessi sulla base di elementi aliunde acquisiti ,ne’ a quelli che del primo rappresentino delle proroghe  . Tuttavia  si osserva che da un’intercettazione telefonica inutilizzabile possono  scaturire accertamenti di polizia giudiziaria come da fonte confidenziale , se tali accertamenti hanno consentito l’acquisizione di altri elementi autonomi rispetto a quanto contenuto nell’intercettazione telefonica,  questi elementi possono certamente essere posti a fondamento di una valida motivazione di altri decreti . Ma se il decreto “ nuovo “ o di proroga fonda la sua motivazione da intercettazioni illegali ( che nel caso di specie non vengono

utilizzate come solo come “spunto “ per nuovi e accertamenti ), allora quel decreto sarà  irrimediabilmente affetto da mancanza di motivazione o meglio da motivazione apparente semplicemente ripetitiva di una perifrasi ( viste le pregresse intercettazioni ) e di una formula normativa del tutto incongrua rispetto al provvedimento che deve giustificare e non certamente  di una  non perfetta adeguatezza e incompletezza  come la sentenza di primo grado si è sforzata di dimostrare